SOLARI DI UDINE SPASOLARI LINEADESIGN

The New York Times Style Magazine
"L'orologio che il tempo non può perfezionare"

Di Tom Delavan, 6 Sett 2016
Cifra 3 - Credit Joshua Scott

Fotografia di Joshua Scott / L'orologio Cifra 3, progettato negli anni '60 dall'architetto Gino Valle, design delle cifre sviluppato da Massimo Vignelli. 

 

L'articolo originale, pubblicato sul New York Times Style Magazine; a seguire la traduzione in Italiano. 

ENG "Anyone who travels is familiar with the large flip-board displays indicating the gate of your plane, train or bus. Their distinctive shuffling sound, which sends travelers scurrying like a well-orchestrated flash mob, is so synonymous with departure that when Boston’s North Station upgraded its boards to LED displays, they were programmed to emit the familiar clicketyclack, as much for nostalgia as for necessity: How else to get passengers to look up from their phones?

 

Less familiar — unknown, more likely — is the man responsible for effectively conducting this movement of millions of people for the past 60 years, Remigio Solari. His family’s business had been making clocks for towers in the Dolomites of Northern Italy since 1725. You could say the movement of time was in his blood, or perhaps he had too much of it on his hands, but in the late 1940s, the self-taught engineer had a breakthrough: Rather than hands that move around fixed numbers on a dial, he inscribed the numbers on metal flaps that rotated around a wheel. It was a revelation in terms of clarity, particularly when standing at a distance. In 1956, the first “Solari board” was installed in a train station in Belgium, becoming the worldwide standard for rail and airway travel soon after.

 

Remigio died in 1957, but his brother Fermo continued his work. With the architect Gino Valle, the Solari company introduced a small electromechanical flip clock, the Cifra 5. While this model won the Compasso d’Oro award at Milan’s International Furniture Fair, it was the Cifra 3, designed in the mid-’60s, which had families everywhere replacing analog clocks with the new technology. The minimalist packaging — a glossy thermoplastic cylinder to accommodate the flaps’ rotation — and the crisp sans serif digits designed by Massimo Vignelli, were soon copied by everyone from General Electric to Hitachi.

 

I got my own Sony knockoff in 1972. It was the first piece of technology that I fetishized and had to have. Owning it felt somehow like I was invested in the future, or at least a part of it. Later I discovered the source of my so-called digital clock, the Cifra 3, at the Museum of Modern Art in New York, which had added it to its collection in 1966, because it was, and is, “the purest expression of industrial design,” according to senior curator Paola Antonelli. 

 

Then I had to have the real thing and found I wasn’t alone. The clock, discontinued in 1989, had an almost cultlike following, fueling a secondary market among collectors. Solari’s new owners took note and last year put the Cifra 3 back into production at their factory in Udine, where employees continue to assemble it by hand. I was able to get one of the first reissues in Europe (it becomes available in the U.S. this fall), and it now sits, not by my bedside, but on the mantel in my living room, next to other beautiful items, like a midcentury Lucy Rie vase.

 

Although the Cifra 3 can’t compete with the Solari boards in terms of the number of customers served (the company estimates that it has helped 5.5 billion people navigate trips), it is — like its descendant, the iPod — a potent example of how design can elevate technology."

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ITA "Il suono dei grandi display a palette è familiare a tutti coloro che viaggiano; indica il gate per il volo, il binario del treno o l’orario di arrivo del bus. Il suono distintivo delle palette, che orchestra gli affrettati viaggiatori come un flash-mob ben organizzato, è diventato sinonimo delle partenze al punto che alla Stazione Nord di Boston i pannelli a LED sono stati programmati per emettere il familiare “click clack”. Tanto per nostalgia quanto per necessità: in quale altro modo si potrebbe far distogliere gli occhi dei viaggiatori dai loro cellulari?

 

Meno familiare - più probabilmente sconosciuto - è l’uomo che ha permesso lo spostamento e il passaggio di milioni di viaggiatori nei passati 60 anni: Remigio Solari. Sin dal 1725 la sua famiglia ha prodotto orologi da torre nelle Dolomiti del Nord Italia. Si può dire che i meccanismi degli orologi fossero nel suo sangue, o forse ne ha avuti così tanti tra le mani, tanto che nel 1940, ingegnere autodidatta, compie un passo importante: al posto delle lancette che ruotano attorno ai numeri in un quadrante, lui ha inscritto i numeri in palette metalliche che ruotano attorno ad un rullo. Si è trattato di una rivelazione in termini di chiarezza, in modo particolare per la distanza di lettura. Nel 1956, il primo “Solari Board” è stato installato a Liegi in Belgio, diventando poco dopo uno standard mondiale per stazioni e aeroporti. 

 

Remigio morì nel 1957, ma suo fratello Fermo ha continuato il suo lavoro. Assieme all’Architetto Gino Valle la Solari introdusse un piccolo orologio a palette elettromeccanico: il Cifra 5. Mentre questo modello vinse il premio Compasso d’Oro, alla Fiera Internazionale del Mobile di Milano fu il Cifra 3, disegnato nella metà degli anni sessanta, a costituire il sostituto tecnologico agli orologi analogici nelle famiglie di tutto il mondo. Il packaging minimalista - un cilindro termoplastico lucido che ospita la rotazione delle palette - e le nette cifre sans serif disegnate da Massimo Vignelli, verranno presto adottate da tutti, dalla General Electric alla Hitachi. 

 

Nel 1972 ho avuto anche io la mia imitazione Sony. È stato il primo oggetto tecnologico che ho feticizzato, e che dovevo avere. Averlo è stato come investire nel futuro, o almeno averne potuto far parte. Più tardi ho scoperto l’origine del mio così chiamato “orologio digitale”, il Cifra 3. Venne aggiunto alla collezione permanente del Museo di Arte Moderna di New York (MOMA) nel 1966 perché era, ed è ancora oggi, “l’espressione più pura del disegno industriale” secondo la curatrice Paola Antonelli. 

 

Allora ho sentito di dover avere l’oggetto originale e scoprii di non essere il solo a cercarlo. L’orologio, non più in produzione dal 1989, era trattato come oggetto di culto da un gruppo di seguaci, arricchendo il mercato secondario dei collezionisti. I nuovi proprietari della Solari hanno preso nota di questo interesse e l’anno scorso hanno rimesso in produzione il Cifra 3 nella loro fabbrica di Udine, dove gli operai continuano ad assemblarlo a mano. Ho avuto l’occasione di comprare la nuova edizione in Europa (sarà disponibile negli Stati Uniti questo autunno), ed ora si trova, non in parte al mio letto, ma nella mensola del mio salotto, accanto ad altri oggetti splendidi, come il vaso Lucie Rie. 

  

Nonostante il Cifra 3 non possa competere con i tabelloni a palette in termini di clienti serviti (la Compagnia stima di fornire informazioni a 5.5 miliardi di viaggiatori l’anno), è - come il suo discendente, l’iPod - un esempio potente di come il design possa elevare la tecnologia."

 

Uno speciale ringraziamento a Tom Delavan / The New York Times Style Magazine

20 SETTEMBRE 2016
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